Note di Regia di Angelo Germoglio
In Circo Equestre Sgueglia, scritto nel 1922 ma ambientato nel primo Novecento, Viviani descrive la vita di una comunità circense dove si susseguono eventi talora giocosi, talora drammatici.
In questa comunità si manifestano a turno tutti i sentimenti umani (invidia, gelosia, amori, passioni, sensualità, tradimenti), facendo quindi acquistare al testo una forza espressiva che scava profondamente nell’animo umano.
Il gruppo opera in una condizione di vita ai limiti della sopravvivenza tra la povertà economica e la miseria morale.
Il lavoro è pane quotidiano e talvolta a malincuore e con le ossa rotte bisogna affrontarlo per esigenza di vita.
La commedia dramma evidenzia spesso la magra finzione dei personaggi costretti ad essere maschere, clown, giocolieri, attori di un mondo che trapela talvolta profonda tristezza umana.
Il verbo vivianeo è in questo lavoro feroce e dolce, passionale e freddo, dove il riso si alterna al pianto, come la realtà della vita, come il teatro che dissimula la vita, “Abbiamo un teatro dentro ed un altro fuori” urla don Ciccio ai suoi compagni.
Ma i personaggi vivianei sono vivi e autentici, quelli che non si perdono reagiscono al triste destino, si difendono con il lavoro, l’amore e l’onestà, strumenti che li portano a resistere nonostante le avversità.
Solo i puri e le anime belle possono tornare a rivivere la dimensione del circo, il posto dei sogni e delle speranze di vita.
“Nuie simme dduie pizzeche ‘e povere, ca nu sciuscio ce sperde”. Ancora una volta si assurge alla grande drammaturgia di Raffaele Viviani.